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Matrimonio tra UBS e Credit Suisse: analizziamo insieme quanto successo

La vicenda del fallimento della Silicon Valley Bank ha scosso profondamente i mercati portando alla luce le fragilità del mercato, con rischi di tasso e di liquidità notevoli. L’incubo di una delle principali banche svizzere, Credit Suisse, è iniziato la scorsa settimana dopo che l’azionista Saudi National Bank (SNB) ha dichiarato che non avrebbe fornito altra liquidità al colosso svizzero. Grosso colpo se si considera che la Banca Saudita era il maggior azionista di Credit Suisse con una quota di quasi il 10% acquistata l’anno scorso. Da qui è riapparsa la debolezza del “too big to fail”, concetto ancora flebile in mercati poco regolamentati e travolti da molteplici forme di volatilità.

L’Autorità di Vigilanza sui Mercati, la Confederazione e la Banca Nazionale Svizzera (BNS) si sono attivate fin da subito poiché è stato presto chiaro che era in gioco la stabilità dell’intera piazza finanziaria mondiale. In prima istanza, si è pensato di procedere con la nazionalizzazione del Gruppo Credit Suisse, il cosiddetto bail-in. Una soluzione sistematica, che avrebbe intaccato non solamente gli azionisti, ma una più ampia fetta di investitori. Il bail-in, un azzardo in un buco nero già formato, che non avrebbe restaurato la fiducia degli stakeholders nei confronti del Gruppo elvetico, ormai troppo danneggiato anche dal punto di vista reputazionale. Si è optato per un’alternativa di più vasta portata, una scelta consapevole assunta nell’ottica di tutelare i depositanti e i mercati finanziari. Nel corso di questo turbolento fine settimana le nozze tra UBS e Credit Suisse sono state annunciate e si auspica che questa operazione dia ai vertici il tempo necessario per ristrutturare e reintegrare le giuste misure per superare la crisi.

UBS acquista il suo maggior competitor Credit Suisse per 3 miliardi di franchi, dando il via ad una delle più grandi e inaspettate alleanze. L’acquisizione è avvenuta, dopo il susseguirsi di varie negoziazioni, per 0,76 franchi svizzeri per azione.

La FINMA ha approvato questo matrimonio. In particolare, l’Autorità rassicura la stabilità dei clienti: tutte le attività delle banche proseguiranno e la protezione dei depositanti è garantita. Questo anche grazie all’ulteriore supporto di liquidità fornito dalla Confederazione e dalla BNS per attenuare il rischio di insolvenza. In particolare, la liquidità fornita dalla BNS è messa a disposizione sotto forma di prestito coperto dalla garanzia della Confederazione, la quale si occupa di emettere garanzie per potenziali perdite su determinati attivi assunti da UBS nel framework della transazione, sempre che queste perdite non vadano oltre una determinata soglia. Inoltre, un coordinamento della BCE, Banca di Inghilterra, FED, Banca del Canada, Banca del Giappone con la BNS è stato annunciato con lo scopo di migliorare l’efficienza delle linee swap in dollari, offrendo così ulteriore liquidità al sistema finanziario, oggi fortemente compromesso.

Quale scenario si prospetta per la Svizzera? È chiaro che la fase di sfiducia attraversata da Credit Suisse, con forti deflussi di fondi dei clienti e le concrete debolezze emerse dai bilanci a causa di sistemi di controllo interni poco efficaci, riflette un sistema fermo, che non è ancora andato incontro ad un cambiamento radicale. Il processo di digitalizzazione, tanto “realizzato” e promosso, che ha abbracciato anche il mondo bancario, sembra ancora essere ad uno stadio primordiale se si guarda alle inefficienze nei controlli e alla poca consistenza dei valori relativi alla redditività delle banche. Il quadro attuale vede un sentiment preoccupato da diverse possibili condizioni sfavorevoli: perdita di competitività del Paese, fallimento di altre grosse banche, corsa agli sportelli, tagli dei dipendenti. Con questa fusione, UBS si afferma come banca universale leader in Svizzera e rafforza la sua posizione a livello mondiale.

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